La sua follia è stato il vero motore propulsore per la sua arte?
Compositore, pianista e critico musicale tedesco, Robert Schumann (1810-1856) è considerato uno dei più grandi compositori di musica romantica. La sua produzione artistica è stata introspettiva e stravagante, in un tentativo di rompere con la tradizione delle forme e delle strutture classiche. Riflette la natura profondamente individualista del romanticismo e proprio nel suo periodo e contesto culturale noi dobbiamo considerare la sua «follia».
Analisi della sua patologia
Non abbiamo documentazione precisa per poter chiarire bene quale sia stata la sua reale #patologia psichiatrica. Padre schivo e tendenzialmente depresso. La sorella morta suicida, dopo una malattia mentale. La perdita prematura della madre e di un fratello. Il difficile rapporto con la moglie Clara. Il fallimento della sua carriera pianistica. L’#isolamento a Endenich. Sono stati tutti fattori che hanno inciso profondamente sulla sua psiche.
Già all’età di soli 19 anni, prevedendo inconsapevolmente il suo destino, annotò su un foglietto questo pensiero: “ ..ho sognato di affogare nel Reno..”, a 44 anni tentò il suicidio, gettandosi nel Reno.
La carriera
Iniziata la sua #carriera musicale come pianista, all’età di 21 anni, per migliorare la sua tecnica, si sottopose ad esperimenti insensati per ampliare l’apertura della mano destra, procurandosi la perdita dell’uso dell’anulare.
Non riuscendo a coronare il sogno di diventare un grande pianista, si dedicò quindi alla composizione ed in questa forma di espressione artistica cominciò ad emergere in breve tempo tutto il suo talento, ma anche tutto il suo disagio psichico.
Firmava le sue composizioni con due diversi pseudonimi, a seconda del suo stato di umore, espressione di uno sdoppiamento della sua personalità.
Lo sdoppiamento
Talvolta era Florestano, personaggio eroico e battagliero del «Fidelio», talaltra Eusebio, uno dei primi martiri cristiani, dolce, malinconico, fragile e timido.
L’idea di scomporre la propria personalità in due personaggi trovava radice nella letteratura del primo ottocento, soprattutto in Walt e Vult, i due protagonisti del romanzo “Anni di scapigliatura” di Jean Paul Richter.
Lo sdoppiamento della personalità di Schumann superava di gran lunga i limiti di una semplice licenza artistica, ma preludeva ad una instabilità mentale.
La notte si alzava di soprassalto dal letto per correre a prendere appunti che, secondo lui, gli avevano suggerito in sogno gli spiriti di Mendelssohn e Schubert.
Le voci
Udiva voci interne che lo spingevano a comporre. Una nota musicale veniva continuamente suonata nella sua testa “ ..sento gli angeli che cantano una meravigliosa melodia che tento di trascrivere senza riuscirci, le voci degli angeli si sono trasformate in quelle di demoni che cantano una musica orribile e mi dicono che mi vogliono cacciare all’inferno perché sono un peccatore”.
Dopo il tentativo di suicidio fu ricoverato in una clinica per malattie mentali a Endenich (Bonn), dove mori dopo due anni nel 1856 all’età di 46 anni.
La moglie Clara
Durante il ricovero Clara non lo vide più fino a poco prima della morte. Per tutto quel periodo rimase depresso e appartato, continuò a sentire le voci e non compose più musica.
Le ipotesi diagnostiche
La storia medica ufficiale del periodo di ospedalizzazione è andata persa. Quindi non ci restano altro che ipotesi diagnostiche.
Gli organicisti dell’epoca pensavano che la malattia mentale fosse il frutto di disturbi circolatori o cerebrali, dando scarso peso ai fattori interpersonali ed emotivi.
Franz Richarz, lo psichiatra che internò Schumann, era un “degenerazionista”, uno di quegli scienziati sicuri che l’arte e la cultura siano fenomeni degenerativi.
Conosciamo bene la teoria biologica della degenerazione, sappiamo da quali teorie creazioniste deriva e a quale mondo totalitario approda. La scienza degenerazionista si basa infatti sulla teoria che gli artisti e gli uomini di genio siano destinati alla follia.
All’autopsia, effettuata alla sua morte, non si trovarono però prove convincenti di una lesione organica, né si trovò perdita cospicua di massa cerebrale.
L’analisi delle sue lettere dimostra che le sue facoltà mentali si conservarono bene fino a poco prima della morte, sebbene il suo comportamento fosse disturbato.
Il dubbio diagnostico resta. Forse la diagnosi più accreditata e quella di Disturbo schizoaffettivo, per la presenza concomitante sia dei sintomi della Schizofrenia che di quelli del Disturbo dell’Umore.
Resta perciò aperta la questione se Schuman, con cure migliori, non avrebbe potuto essere dimesso con successo e riprendere per qualche tempo l’attività compositiva e la vita con la famiglia.
Nonostante la cattiva salute e i disturbi mentali raggiunse comunque, attraverso la sua musica, quel riconoscimento duraturo che aveva tanto bramato.
#BrunoMatacchieri