Avvolta dalla sua bellezza e dalle luci soffuse di una chiesa, Ilaria del Carretto giace nel silenzio del tempo.
Può esservi vita dopo la morte? Sì, se essa é consegnata all’eternità e se l’attimo fugace della bellezza é fissato in un tempo che travalica i limiti spaziali e temporali legati alla caducità delle cose. Ilaria del Carretto, la bella addormentata di #Lucca, giace su un letto di morte che parla di vita.
Mollemente e compostamente adagiata su quel letto, dorme nella quiete e nella certezza di un amore eterno. Il suo volto bellissimo é vivo e risplende di luce propria, incorniciato da quei capelli che sfuggono al cercine, tipica ghirlanda dell’epoca.
Il suo corpo, sottolineato dai sapienti drappeggi, che ne evidenziano l’armonia delle forme, sembra pulsare di #vita, malgrado l’abbandono della quiete eterna.
E il visitatore, anche il più sprovveduto, ammutolisce di fronte a tanta bellezza. Timoroso di disturbare il suo sonno.
Ilaria, la vita
Nobile, figlia di Carlo del Carretto, marchese di Savona, nacque nel 1379 e la sua bellezza divenne subito leggendaria, al punto da suscitare l’attenzione del potente signore di #Lucca, Paolo Guinigi. Questi, già in seconde nozze, la chiese in moglie. E il matrimonio fu celebrato in maniera fastosa nel 1403.
Un’unione che regalò subito al Guinigi il tanto sospirato erede, Ladislao. Ma il destino sa essere crudele e Ilaria, dopo poco nuovamente in stato interessante, secondo la narrazione comune, morì nel 1405, partorendo la seconda figlia. Aveva solo 25 anni.
La sua #morte, però, é avvolta da numerose ombre, anche perché il sarcofago non contiene le spoglie della giovane. Alcuni ipotizzano addirittura che sia stato lo stesso marito a farla avvelenare. Un marito che, a quanto sembra, dopo averne commissionato il magnifico monumento funebre, ebbe altre due mogli.
Ma l’immaginario collettivo ama le storie d’amore e il sarcofago della bella dormiente é stato consacrato all’altare di un amore eterno, che vince anche la #morte.
Il sarcofago
A scolpire quello che é ritenuto un vero capolavoro della produzione scultorea del’400, fu chiamato Jacopo della Quercia, artista senese di indiscutibile fama e talento.
Il genio creativo di questo scultore si espresse al massimo. E così questo sarcofago divenne il fiore all’occhiello di #Lucca, scrigno di arte e di cultura.
Il volto della defunta, probabilmente riprodotto grazie ad un calco di gesso, é in anticipo sui tempi e precorre le caratteristiche della scultura del posteriore umanesimo. I drappeggi dell’abito, nella loro simmetria tardo- gotica, creano l’immagine di un fiore se visti dall’alto.
Ilaria stessa diviene così un fiore , il cui bulbo é il volto e i petali sono delineati dai drappeggi. Un fiore purtroppo reciso prima della sua fioritura.
Ai piedi della giovane un cagnolino, comunemente ritenuto simbolo della fedeltà coniugale, ma probabilmente un compagno caro alla defunta. Squarcio di una quotidianità e di un’affettività interrotte bruscamente.
Sui lati del sarcofago stride la leziosaggine dell’elemento decorativo, costituito da putti e da ghirlande floreali, in netto contrasto con lo stile di Jacopo della Quercia. Probabilmente opera di autori successivi.
Condivisibile, quindi, l’ipotesi di Sgarbi che dà per scontata l’ingerenza di altri scultori.
Il mistero e la leggenda
Per secoli si é fantasticato sull’assenza delle spoglie della bella dormiente all’interno del monumento funebre e vane sono risultate le ricerche.
Solo nel 2012, grazie all’infaticabile opera degli archeologi, nella Chiesa di S. Lucia, l’enigma sembra essere stato risolto. Qui, nella cappella dei Guinigi, infatti, sono state ritrovati i resti umani di una giovane che parrebbe essere proprio la nostra Ilaria.
La bellezza vince la morte
Comunque sia il monumento di Ilaria del Carletto, musa ispiratrice di tanti poeti, riempie di sé la sagrestia del duomo di Lucca e, avvolto da un silenzio che sa di eternità, fa sognare.
Fa dimenticare il tempo, la morte… e ci sussurra i sospiri e le emozioni della vita.
#IrmaSaracino