Dalla libertà creativa shakespeariana alla drammaturgia musicale verdiana l’amore nell’Otello si colora a tinte scure per trasformarsi in tragedia.
Giuseppe #Verdi (1813-1901), ormai quasi alla fine della sua brillante carriera artistica, con “Otello” torna, dopo quarant’anni dalla prima del suo “Macbeth”, a riabbracciare Shakespeare (1564-1616), “il gran maestro del cuore umano” come lui lo definiva.
Lo spiccato interesse per la natura umana, in tutti i suoi aspetti, accomuna il poeta ed il musicista che si esprimono con due forme d’arte diverse ma confluenti verso un fine comune: smuovere le emozioni.
La gelosia, la passione, l’amore, l’odio, l’intrigo, l’invidia, la vendetta, la rabbia, sono tutti sentimenti forti e pericolosi che caratterizzano questa storia e, sfilando sulla passerella della vita, conducono inevitabilmente alla tragedia.
I personaggi sono indissolubilmente concatenati tra loro. Marionette i cui fili sono governati da Jago, il vero protagonista dell’opera. Malvagio, inquietante, vendicativo, Jago incarna il #male, in tutte le sue più svariate forme.
E’ l’elemento scatenante, il #male, di fronte al quale l’uomo viene posto e cade se non è abbastanza pronto a difendersene.
Jago, un personaggio misterioso
Sembra che Shakespeare abbia voluto creare un personaggio misterioso i cui soliloqui enigmatici nascondano il vero movente delle sue azioni. Ma, ad una lettura più attenta, la maestria del poeta inglese suggerisce diversi indizi che lasciano allo spettatore il ruolo di giudice in un processo dal verdetto scontato.
L’indizio della gelosia di Jago per la moglie Emilia, prima nei confronti di Otello e poi in quelli di Cassio, appare nebuloso nel momento in cui Shakespeare ci descrive Jago incapace di amare e spinto solo da pulsioni erotiche epurate da ogni sentimento d’amore. Per la stessa ragione appare nebuloso l’indizio di un suo amore segreto per Desdemona.
Jago, l’enigma continua
Più credibile è invece l’indizio della gelosia per la carriera di Cassio, al quale è stato assegnato da Otello il ruolo di Luogotenente, ruolo tanto ambito da Jago. Ma l’indizio più accreditato e su cui più si sono espressi i critici letterari e musicali è l’eros negato e la latente ed inconscia omosessualità di Jago.
Alessandro Serpieri, docente di Letteratura Inglese all’Università di Firenze, lo definisce “il personaggio più lussurioso mai uscito dalla penna del Bardo”.
Limiti e pregiudizi dell’Età Elisabettiana
Il tema è da considerarsi alla luce del contesto storico culturale che caratterizzava l’Età Elisabettiana, dove la visione borghese esercitava una forte repressione sulle pulsioni omosessuali che erano inevitabilmente proiettate sull’altro.
Jago sarebbe quindi mosso da gelosia nei confronti di Otello. E questo spiegherebbe meglio la sua vendetta: infondere sottilmente nel Moro il germe della gelosia per Desdemona. Ferirlo per poi, con le continue insinuazioni, mantenere aperta la ferita, fino a determinarne la morte per “dissanguamento”.
La vera abilità strategica di Jago sta nella capacità di diversificarsi nelle relazioni con i diversi personaggi. Devoto e riguardoso con Otello, ossequioso con Desdemona, brutale e minaccioso con Emilia, ironico con Roderigo, gioviale con Cassio.
La musica di Verdi
#Verdi, con la famosa aria del secondo atto “Credo in un Dio crudel…”, rimarca la personalità di Jago. Lo presenta allo spettatore, quasi a volerlo preparare alla sua malvagità.
I versi di Boito, il librettista, sono così pieni di scure note e nichilistiche metafore che il musicista riesce a dipingere, con i colori più neri della musica, una delle più terrificanti e inimmaginabili rappresentazioni del male.
Credo in un Dio crudel che mi ha creato
Simile a sé, e che nell’ira io nomo.
Dalla vita di un germe o d’un atòmo
Vile son nato.
Son scellerato
Perché son uomo,
E sento il fango originario in me.
Ma se Jago riesce abilmente a raggiungere l’obiettivo prefissato è anche perché, lungo il suo malefico cammino, incontra personalità incapaci di resistere ai suoi attacchi.
Otello
Otello, nella sua semplicità primitiva e nella sua ingenua bontà, crede vero il falso e falso il vero. Arriva ad odiare Desdemona, che lo ama e ama Jago, che lo odia. Il Moro porta ancora su di sé il peso della discriminazione razziale.
Al primo atto della tragedia, è rifiutato come genero da Bramanzio, il padre di Desdemona. E, anche se ha conquistato a fatica il ruolo di glorioso combattente ed è rappresentante della Repubblica di Venezia, è pur sempre nero e di lignaggio inferiore.
Jago non sarebbe invidioso di Otello se non fosse nero e Otello non sarebbe caduto nella trappola di Jago se non avvertisse una sorta di complesso di inferiorità razziale. Ma Shakespeare, con maestria letteraria e contravvenendo ai luoghi comuni dell’epoca, identifica nel nero Otello il “ #bene” e nel bianco Jago il “male”.
Jago, rappresentante della civiltà più evoluta, è il carnefice malefico, il Moro (termine usato dall’autore nella accezione negativa), è la vittima, se non innocente, almeno inconsapevole. Il “nero” corrisponde al bello, il “bianco” al brutto.
Inevitabile è quindi il progressivo allontanamento di Otello dal mondo positivo di Desdemona verso il mondo negativo di Jago.
Desdemona
Desdemona, il cui significato è “sfortunata”, mite ed ubbidiente, come si conviene ad una qualsiasi nobildonna del XVI secolo, è vittima degli stessi pregiudizi che si abbattono sul marito.
Fedele e dolce, tutto l’amore che nutre per Otello la porterà alla morte per sua mano, inconsapevole fino all’ultimo delle ragioni della sua gelosia. Ma al di là di questi aspetti di apparente debolezza, emergono anche aspetti di forza e determinazione.
Desdemona ha sposato il Moro contro ogni ostacolo e pregiudizio lottando contro il padre e contro la società veneziana. Lei inoltre mostra la sua tenacia anche quando insiste a difendere Cassio, nonostante la crescente ira di Otello, proprio perché consapevole della propria innocenza.
Nell’apparente simbiosi del duetto d’amore tra i due protagonisti, che Verdi ha inserito alla fine del primo atto dell’opera, emerge chiaramente che Desdemona ama Otello perché è un prode guerriero e Otello ama lei per la sua pietà.
Incomprensioni
In realtà non sanno abbastanza l’uno dell’altra per potersi intendere nel profondo. La loro felicità è più evocata che vissuta. Il loro desiderio è quello di rimanere in quella dimensione onirica perché temono la morte del loro amore al contatto con la vita. Forse Otello l’ama perché nobile, veneziana e bianca e lei lo ama solo perché lo vede come una sorta di “dio della guerra”.
L’imponente uragano che apre l’opera verdiana sancisce la portata di un passato imponente e glorioso di Otello dal quale Desdemona, amante dell’epica, è rimasta soggiogata. Il #male, sotto forma di calunnia e adulazione, prevale sulla verità dei sentimenti e alla fine assistiamo alla caduta dell’eroe dall’apogeo della gloria militare e dell’estasi amorosa alla catastrofe dell’assassinio di Desdemona.
Tutto è perduto come si legge nelle ultime parole che Otello recita:
“Ti ho baciata prima di ucciderti; ora che mi son dato la morte non posso che morire in un ultimo tuo bacio”.
#BrunoMatacchieri