Da 500 anni oggetto di studi e di devozione, la Vergine di Guadalupe rappresenta ancora oggi un enigma.
Al di là del cieco fideismo popolare, quando ci si confronta con le presunte attestazioni del Divino c’é sempre una certa cautela. E l’approccio, di tipo razionale, cerca conferme che probabilmente la Storia non riesce a dare. Perchè non vi é mai una linea di demarcazione tra verità oggettiva e leggenda nell’analisi di fatti o accadimenti del passato. Alla luce di queste premesse appare evidente come vi sia una sorta di innato scetticismo nell’analisi o nella narrazione dei fatti che hanno condotto al culto, così sentito, della Vergine morenita di #Gudalupe.
Un #culto nato nel ‘500 e che stupisce per l’inspiegabilità di alcuni suoi aspetti. Legato a un’immagine della Vergine, come dicono gli studiosi, impressa su una #tilma ( tipico e grossolano mantello cinquecentesco), rimasta straordinariamente integra per ben 500 anni.
La storia
Era il 1531 e il ricordo della sanguinosa conquista del Messico da parte degli spagnoli era troppo vivo nel cuore e nella mente degli abitanti del posto, ancora legati alla cultura ed alle tradizioni azteche.
Una realtà sociale duramente provata dalla dominazione dei conquistadores, ma soprattutto dall’indigenza. Gli indios infatti vivevano una quotidianità di stenti e probabilmente anche questa condizione poteva essere terreno fertile per il radicarsi di leggende legate a interventi sovrannaturali.
E fu proprio a un povero indio, Juan Diego ( di recente balzato agli onori della santità) che sulla collina del Tepeyac, la Madonna decise di apparire con insolite sembianze. Pelle scura, capelli corvini sciolti, un nastro che le cingeva la vita( prova del suo stato di gravidanza). Un chiaro simbolo del riscatto identitario di un popolo schiacciato e ridotto in povertà.
La richiesta? L’edificazione di un tempio in suo onore proprio su quella collina.
Lo stupore del povero indio fu notevole, ma non fu creduto quando riferì la cosa al vescovo che volle una prova tangibile delle apparizioni di Maria.
Fu così che il 12 dicembre la Madonna fece nascere delle rose profumate tra le rocce del Tepeyac, in pieno inverno. Juan le raccolse nel suo mantello che aprì poi dinanzi al vescovo. E qui, secondo la narrazione, il miracolo!
Sul mantello apparve l’immagine di Maria, così come si era mostrata al povero indio. Il vescovo si convinse e il tempio, ancora oggi meta di pellegrinaggi, fu costruito.
Era il principio dell’evangelizzazione di quei territori.
Gli studi e le analisi
Studiosi, anche insigni, uomini di scienza di ogni età, hanno analizzato l’immagine della Vergine morenita, presente su un mantello di fibra grossolana, dalla trama irregolare. Evidente come fosse impossibile dipingere su di esso e, inoltre, non é stata mai trovata alcuna traccia di pittura sul tessuto.
Un fatto straordinario che attestava l’origine acherotipa ( cioé non umana) della rafffigurazione sacra. I colori, rimasti integri nei secoli, apparivano infatti incorporati nel tessuto stesso.
Nei secoli gli strumenti di analisi migliorarono e quando, nel 1936, il Nobel per la chimica, Richard Kuhn, analizzò due fili della #tilma conservati come reliquie, uno rosso e uno giallo, rimase sbalordito. I fili non presentavano alcuna traccia di colorante. Né animale, né minerale, né vegetale.
Ma gli studi non si sono di certo fermati qui e le indagini, come per la Sindone, proseguono alla ricerca di una verità avvolta nel mistero.
Una verità lontana , forse imperscrutabile, che travalica ogni razionalismo.
#IrmaSaracino