carnevale

Il Carnevale sembra oggi tramontare, ma i suoi valori e i suoi misteri restano vivi in noi

Dal latino carnem levare (eliminare la carne), il termine indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

Anche quest’anno il Carnevale se ne è andato silenziosamente, come è arrivato, e la colpa non è della “crisi” con la quale sovente oggi giustifichiamo un’assenza o una restrizione sociale ed economica. È da diversi anni che questa #festa passa in sordina e, nonostante sia fortemente rappresentativa della cultura popolare del Genere Umano, è diventata ormai la cenerentola delle festività del mondo cattolico.

La Chiesa Cattolica in passato lo ha sempre osteggiato e condannato perché con le sue mascherate cambiava l’aspetto dell’uomo fatto a immagine di Dio e perché i mascherati sembravano posseduti dai “diavoli”.

Le origini

Le sue origini sono antichissime, risalgono alle festività Dionisiache dell’Antica Grecia e ai Saturnali della Antica Roma. C’è addirittura chi le fa risalire ai festeggiamenti in onore della dea Iside nell’Antico Egitto durante le quali erano presenti gruppi mascherati, come testimoniato da Lucio Apuleio nelle sue “Metamorfosi”.

Ma è stato nel XVI secolo, con la nascita in Italia della #Commedia dell’arte, diffusasi poi in tutta Europa ed in particolare in Francia, che il Carnevale ha iniziato a utilizzare le #Maschere.

La caratteristica tipica di questo genere teatrale consiste nel fatto che, a differenza di quanto accade nel teatro tradizionale, gli attori non hanno un copione che devono recitare dopo averlo memorizzato. Agli attori vengono indicate soltanto delle linee guida a livello generale, le battute e i dialoghi sono lasciati all’improvvisazione e all’espressione dei singoli personaggi.

Le #maschere nascono quindi in questo contesto e diventano la rappresentazione caricaturale dei diversi caratteri umani. Questi personaggi si cristallizzano sempre di più e ritornano sempre uguali in ogni commedia.

Le maschere della Commedia dell’Arte

Le maschere della #commedia dell’arte, fra quelle più conosciute, annoverano nomi che ci fanno ritornare all’immaginario infantile.

C’era una volta un bambino bergamasco chiamato Arlecchino, viveva in povertà con la sua mamma in una piccola casetta. Per Carnevale la sua scuola organizzò una festa in occasione della quale tutti i bambini dovevano vestirsi in maschera. Le mamme cucirono splendidi vestiti per i propri bambini ma non quella di Arlecchino: non aveva i soldi necessari per comprare la stoffa.

Il giorno della festa era ormai prossimo e vedendo Arlecchino così triste, le mamme degli altri scolari decisero di regalare un pezzo della stoffa dei loro vestiti al bambino. L’abito di Arlecchino divenne così il più colorato ed originale mai realizzato grazie alla generosità altrui.

Pulcinella

Servo di indole decisamente furba, truffatore e ciarlatano, tra i vicoli di Napoli è sempre alla ricerca del giusto metodo per guadagnare qualche soldo, anche se ciò vuol dire ingannare il prossimo. In fondo è però anche un credulone ed è incapace di mantenere il minimo segreto.

Rugantino

Rappresentava il bullo romano per eccellenza, di indole provocatoria ed insolente ma, nel corso del tempo, il personaggio si è modificato andando ad incarnare i sentimenti di quella Roma popolare incline alla giustizia ed alla solidarietà, assumendo un carattere decisamente più pigro e bonario. Il nome di questa maschera deriva infatti proprio dal termine romanesco “ruganza”, ossia l’arroganza.

Balanzone

Forse meglio conosciuto come il Dottor Balanzone, è originario di Bologna ed incarna pedanteria e superbia. A seconda dei casi, può essere un medico oppure un giurista, indossa la toga e si esprime non soltanto in dialetto bolognese ma ama citazioni in lingua antica, latina in particolare, che tuttavia spesso si rivelano scorrette o più semplicemente “maccheroniche”.

Convinto di essere un grande letterato, conoscitore di molteplici scienze umane, dispensa consigli, offre insegnamenti ma, in realtà, il più delle volte ama utilizzare parole dotte infilandole l’una dietro l’altra senza un nesso logico. Brontolone per eccellenza, non perde occasione per dare il via ai suoi leggendari sproloqui spesso del tutto fuori contesto.

Pantalone

Ricco mercante veneziano, Pantalone è estremamente avaro e, nonostante sia un po’ in là con gli anni, ama la compagnia di giovani donne e infatti non perde occasione per lanciarsi alla conquista di cortigiane e servette. Viene anche definito “Magnifico” per i modi ricchi di fascino con i quali si rivolge alle donne ma in realtà sa essere anche burbero ed incline ai borbottii.

Stenterello

Servo, marito tradito, chiacchierone, saggio e ingegnoso ma al tempo stesso pauroso ed impulsivo. Rappresenta il popolano fiorentino, pronto ad affrontare le avversità con un sorriso nonostante sia sempre messo a dura prova da ingiustizie di ogni genere.

Il Carnevale nella tradizione popolare

Il Carnevale nella tradizione popolare trova il suo luogo eletto, il suo momento più alto. Sia per quanto riguarda il ballo, la musica, il cibo, sia per il concetto della cultura popolare che è l’effimero ripristino dell’idea di uguaglianza.

Questo è il suo vero significato: è la festa dell’uguaglianza, rappresenta un mondo fantastico, che non esiste.

Ma la maschera assume anche un significato legato a meccanismi di difesa come parte della personalità, la parte più esterna, e come tale è costituita da modi di pensare, di agire, di sentire, di vedere le cose.

Copertura, finzione, copione che si mette in atto per compiacere gli altri e alimentare il “falso sé”. Le maschere non vengono costruite per nascondersi quanto piuttosto per apparire, mettere in mostra alcuni aspetti di sé che vengono spesso nascosti.

Proprio per questa sua funzione di nascondere/rivelare, la maschera rappresenta un ottimo strumento di auto osservazione e introspezione. Indossando una maschera, qualcosa in noi cambia in quanto contattiamo parti di noi stessi molto profonde e permettiamo loro di mostrarsi al di fuori. Di conseguenza abbiamo una percezione diversa di noi stessi.

Il Carnevale riconduce a una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino.

Ma questa festa appassiona più come una volta? La trasgressione, ormai all’ordine del giorno, non è più prerogativa di un breve periodo dell’anno?

Certo è che il Carnevale, con il suo mistero e con il suo dinamismo di significato mitico, sta lentamente cedendo il posto a quella festa più recente nel tempo ma per noi lontana che va sotto il nome di Halloween.

#BrunoMatacchieri

Di Bruno Matacchieri

medico psichiatra, scrittore, esperto di opera lirica