Quando nel 1594 Enrico di Navarra, prima di salire al trono di Francia, pronunciò questa famosa frase, Parigi non era la metropoli che appare oggi.
Nel momento in cui ho deciso di prendermi l’ennesima vacanza a Parigi, per me la sesta volta capitale francese, ho ritenuto che sarebbe stata una buona occasione per andare alla ricerca di quei posti meno conosciuti turisticamente. Ma che spesso rivelano sorprese inaspettate. Posti che appagano l’interesse del turista attento. Un turista che non si accontenta di una osservazione superficiale del luogo.
La magia di Parigi
Parigi è come Roma. Quando sei lì, sai e speri che ci ritornerai perché resta ancora qualcosa da vedere che non hai avuto il tempo di visitare.
Ho utilizzato la settimana trascorsa in quella magica città per visitare, tra l’altro, tre famose dimore storiche, dell’elegante quartiere Europa. Dimore donate, con le loro collezioni d’arte, alla città da nobili o ricchi mercanti che avevano fatto della loro vita una continua ricerca di opere d’arte, provenienti da tutte le parti del mondo.
Musée Jaquemart-André,
Il Musée Jaquemart-André, è un palazzo storico ottocentesco, costruito dall’architetto francese Henrì Parent su commissione del banchiere Eduoard André.
Questi, insieme alla moglie Nélie Jacquemart, lo rese una dimora storica, ricca di pregiati oggetti d’arte. Una collezione d’arte di scuola francese del ‘700 e di scuola italiana del Rinascimento, raccolta durante i loro innumerevoli viaggi.
Il vero incanto del palazzo è dato dalle originali soluzioni architettoniche esterne ed interne, quali la facciata rialzata rispetto al piano stradale e lo scalone interno a doppia elica.
Ma dove ho posato la mia attenzione per un tempo necessario ad estrapolare il pensiero dal contesto è stato davanti al “Martirio di San Sebastiano”, bassorilievo in bronzo di Donatello.
Caratteristiche del bassorilievo
La raffigurazione del Santo martirizzato è completamente diversa da tutte le altre immagini, generalmente pittoriche, di altri grandi artisti che siamo stati abituati a vedere.
Qui il Santo non è in posizione frontale bensì laterale e, soprattutto, sono visibili i soldati romani nell’atto di scoccare le frecce. La scena è viva e la presenza dei militari è probabilmente voluta dall’artista per dare loro un ruolo di coprotagonisti del supplizio.
La mancanza del colore e lo scuro, dato dal bronzo, inoltre incupiscono l’immagine, rendendo l’evento ancor più drammatico e truce.
Girovagando nei pressi
Nelle vicinanze ho poi visitato il Musée Cernuschi situato nello splendido palazzo al numero 7 di Avenue Velasques. E’ la dimora storica del banchiere e patriota italiano del nostro Risorgimento Enrico Cernuschi (1821-1896).
Acceso repubblicano, lottò contro ogni forma di monarchia, prima in Italia e poi in Francia, dove nel 1869 fondò la “Banque de Paris”. Dopo la proclamazione in Francia della Terza Repubblica nel 1870 Cernuschi abbandonò la sua attività di patriota e quella di banchiere per viaggiare per il mondo, in particolare in Estremo Oriente.
Qui acquistò bronzi, sete, porcellane, libri illustrati, terrecotte neolitiche e oggetti d’arte tanto da accumulare una delle più ricche collezioni di arte orientale al mondo.
Ma il reperto che più colpisce il visitatore e che troneggia nella sala principale del museo è il Buddha Amithaba di Meguro. Enorme statua in bronzo del XVIII secolo, acquistato da Cernuschi in Giappone.
La statua poggia su un piedistallo a forma di foglia di loto. Il palmo della mano destra di Buddha è rivolta verso l’osservatore. L’indice e il pollice della mano sinistra si toccano alle punte.
Il gesto, nel linguaggio buddista, simboleggia l’energia dell’insegnamento e il ragionamento intellettuale.
Il Museo Nissim
Il terzo, il Musée Nissim de Camondo, è una delle dimore più lussuose del novecento parigino. Il conte Moïse de Camondo e la moglie, entrambi provenienti da ricche famiglie di banchieri ebrei, erano appassionati collezionisti di mobili e oggetti decorativi francesi del XVIII secolo.
Nel 1911, commissionarono la costruzione di una casa privata, per conservare le loro collezioni e per utilizzarla come residenza privata. Anche se la decorazione della casa conservava un aspetto d’epoche anteriori, era comunque dotata di tutti i comfort della vita moderna.
Nel corso degli anni i coniugi raccolsero, con estremo gusto, una collezione di oggettistica e tele risalenti al ‘700 francese prerivoluzionario, con l’intento di ricostruire fedelmente una dimora signorile nello stile della seconda metà del ‘700.
Dopo la morte del loro figlio Nissim, pilota aereonautico, Moise decise di donare, in suo onore, l’edificio e la collezione alla città di Parigi. Per tale ragione, il museo ha il nome di “Nissim de Camondo”.
Ma le disgrazie non terminarono per Moise, che successivamente perse il resto della sua famiglia nel campo di concentramento di Auschwitz.
Lo stupore del visitatore
Il visitatore, che entra in questo palazzo, non pensa di trovarsi in un museo ma in una ricca dimora parigina dove è stato invitato per un banchetto.
Gli arredi e la ricca collezione non sono esposti in fredde bacheche il cui vetro esercita un muro invalicabile alla fantasia. I mobili, i quadri, i tappeti, le porcellane e gli argenti sono perfettamente armonizzati nel contesto e sembrano posti in quel luogo per essere immediatamente utilizzati dall’ospite.
Tutta l’atmosfera ti incanta e ti proietta nel bel mondo parigino ricco di lusso e sfarzo. Soltanto all’uscita ti rendi conto di essere tornato alla realtà e con le tue vesti da turista riprendi ad assaporare la magia di questa città.
Il Lungosenna
Ma tornare in un luogo, dopo quasi dieci anni, vuol dire anche cogliere quei cambiamenti che spesso possono essere testimonianza di incidenti o crisi sociali.
Passeggiando sul lungosenna, in una splendida giornata di sole invernale, mi sono inoltrato fino al Quai de la Tounelle. E quello che era il lungosenna più affollato e più colorito grazie alla presenza dei “bouquinistes”, i tradizionali venditori di libri usati, mi è apparso con tristezza un angolo di Parigi deserto e mesto.
Le scatole verdi piene di libri usati e cartoline d’epoca, che pendevano dal muretto del Lungosenna, non strizzano più l’occhio al turista e al parigino.
Le bancarelle mostrano ora soltanto le loro imposte chiuse con una espressione offesa e risentita. L’antico mestiere del bouquiniste è sempre più a rischio, minacciato non solo dai tanti souvenir e portachiavi a forma di Tour Eiffel o Notre Dame, ma ora anche dal “dopo Covid-19”.
La mia reazione, nel trovarmi in un posto colmo di tanti ricordi e ora così spoglio, è stata quella di “fuga”.
La Senna
Ho voluto distogliere lo sguardo dallo scempio che si presentava ai miei occhi e, nel tentativo di dare a questi nuovo “ossigeno” li ho rivolti verso la Senna. Alla ricerca di un paesaggio più rassicurante.
Ma lo sguardo è voluto andare oltre e, come se la sua ricerca del bello fosse stata punita, si è ritrovato di fronte uno spettacolo ancor più raccapricciante.
La splendida Cattedrale di Notre Dame ferita e bendata in quello stato di “ospedalizzazione” che tuttavia dà una speranza di ripresa.
Parigi in quel momento mi ha presentato tutta la sua fragilità, come una bella signora forse un po’ appesantita dagli anni, ma pur sempre curata ed elegante. Una signora che conserva il suo fascino di sempre.
Potremmo, quindi, ancora dire “Parigi val bene una messa”.
#BrunoMatacchieri