Appuntamento con la lirica ieri sera al Teatro Orfeo di Taranto. Sulla scena, la Traviata
Teatro gremito e pubblico attento ieri sera per la Traviata di Verdi. Primo appuntamento della stagione estiva del Taranto Opera Festival.
Un appuntamento ormai consueto per il pubblico di questa città che, per troppi anni, ha dovuto rinunciare alle dolci note del bel canto e delle musiche immortali dei grandi compositori del passato.
Un plauso dunque agli organizzatori del Taranto Opera Festival che, da qualche anno, pur tra mille difficoltà, stanno riproponendo il melodramma, ma anche un monito a migliorare alcuni aspetti, fondamentali per questo genere di rappresentazione che tutto il mondo ci invidia.
Una Traviata sofferta
Che sia un dato ricorrente ormai la tendenza minimalista di molti registi e scenografi nell’allestimento di queste rappresentazioni è tristemente noto a molti. Ma che si ricorra a una scena pressoché inesistente per un’opera come questa, è inaccettabile.
Indubbiamente l’esiguità degli spazi scenici deve aver fortemente condizionato il pur bravo Damiano Pastoressa, scenografo di tutto rispetto, che , in questa occasione, ha limitato la scena a dei tendaggi monocromi e privi di vita nella loro presenza continua., nonché a delle instabili colonne, arricchite da ambiziosi capitelli. Unico valore aggiunto due tavolini e qualche sedia o poltrona.
Indubbiamente i tempi sono duri e l’allestimento di un’opera così opulenta come la Traviata comporta spese considerevoli, ma i dettagli possono fare la differenza.
Il trionfo di Violetta
Ed è in questa cornice che si è inserita la triste storia di #Violetta Valéry, magistralmente interpretata da Melissa Purnell, soprano canadese dalla voce potente e ben modulata, che ha dato colore e spessore al personaggio di Violetta, pur confrontandosi con interpreti non al suo livello.
#Alfredo Germont infatti, interpretato da Gabriele Mangione non ha convinto nessuno, specie nel duetto con Violetta del I atto. Ed è stato poi del tutto offuscato dalla voce potente del baritono Eric Jang, nei panni del padre, Giorgio Germont.
Il coro e gli altri
In questo contesto si è inserito l’ormai noto coro dei Tarenti Cantores che, se ha dato prova di una certa coerenza canora nel primo atto, si è riproposto in tutte le sue pecche nel secondo atto.
Un atto dove il pathos emotivo dovrebbe raggiungere il culmine, grazie alla melodia straordinaria del maestro #Verdi, resa appieno dall’orchestra del Taranto Opera Festival, diretta sapientemente dal Maestro Francesco Bottigliero. Ma che, questa volta, è stato inficiato da una coralità indebolita dalla presenza di alcune voci quasi inesistenti quali quella di Silvia Ricca nei panni di Flora Bervoix.
Valida invece l’inerpretazione di Mario Patella, che, padrone della scena e dotato di grande potenza vocale, ha saputo dare spessore e vigore al Marchese d’Obigny.
III Atto
Tragicamente distesa sull’unico elemento presente sul palcoscenico: un lettino spoglio che troneggiava unitamente a qualche altro sparuto accessorio, #Violetta ha reso appieno la tragicità del momento. E, supportata dalla vocina di Annina, sua cameriera, interpretata da Daniela Abbà, ha cantato tutto il suo dolore. Ultimo atto di un copione terribile.
Di contro, un #Alfredo poco coinvolgente ha accompagnato col suo pianto l’epilogo di una vita.
Poi, il sipario è calato sulle luci e le ombre di questa Traviata.
#IrmaSaracino