Una mostra su Caravaggio è sempre fucina di dibattiti articolati che conducono a relazioni costruttive per la mente umana
La mostra “Caravaggio e il suo tempo”, in corso nella splendida cornice del Castello Normanno-Svevo di Mesagne, ha aperto tra il pubblico un interessante dibattito sull’impatto emotivo che si prova difronte ad un’opera d’#arte e sulla capacità dell’osservatore di immedesimarsi e identificarsi nel #quadro stesso.
Caravaggio, prima di lui, dopo di lui
Un’ esposizione collettiva, meglio di una personale, stimola la discussione, incentrata spesso sul paragone tra i diversi artisti, presenti con le loro opere, associati da svariati criteri.
Il dibattito é sicuramente scaturito dalla presenza, nell’esposizione, di quadri di diversi autori che, per le loro caratteristiche, ruotano attorno alla figura carismatica del grande artista Caravaggio.
In particolare, l’attenzione dei più si é concentrata sull’arte del pittore tarantino Roberto #Ferri, presente alla mostra con qualche suo #quadro.
Ma quello che è stato il motore propulsore della discussione è stata la profonda analisi del critico d’arte Irma Saracino che ci ha guidato, con estrema maestria e competenza, nei meandri, spesso inaccessibili al profano, dell’arte pittorica.
Il discorso si articolava sul paragone tra i due maestri tanto lontani nel tempo quanto vicini sulla corporeità dell’immagine.
Anatomia di un dibattito
Era emersa tra gli interlocutori qualche discordanza sul messaggio comunicativo del Ferri rispetto a quello del Caravaggio. Ma,In realtà, il dibattito si limitava alla considerazione oggettiva dell’opera, trascurando invece l’aspetto soggettivo dell’osservatore che può stravolgere completamente il singolo giudizio sull’opera osservata.
Il giudizio che ogni individuo, in un qualsiasi tipo di relazione, matura, e spesso esprime, è sempre mediato dalla sua condizione psicologica-emotiva del momento. E la relazione, che possa essere con un altro individuo, un gruppo od anche un oggetto, si costruisce sempre sulle basi psicologiche. Frutto di altre relazioni precedenti, che hanno formato in noi uno status più o meno in evoluzione.
Ecco che di fronte ad un’opera d’arte, un quadro nel nostro caso, l’osservatore può comportarsi con modalità diverse. Da semplice osservatore che coglie fugacemente, in maniera superficiale, l’insieme dell’immagine, a profondo indagatore. In questo caso, in uno stato quasi ipnotico, di fronte ad essa, cerca e spesso trova il giusto aggancio psicologico che gli consente di entrare, quasi da protagonista, nell’ambiente rappresentato dal quadro.
Lo stato ipnotico
Lo stato ipnotico, caratterizzato da un restringimento dello stato di coscienza, consente facilmente di chiudere momentaneamente la relazione con il mondo circostante per privilegiare la relazione con l’oggetto, il quadro nel nostro caso.
Tra questi due estremi di modalità di osservazione c’è naturalmente tutta una gamma di tipologie che, interagendo con lo stato piscologico del momento, producono il giudizio.
Si può quindi considerare che questo giudizio varia in maniera sostanziale, perché legato a vari fattori altamente variabili nel tempo. Risultato, che su un’opera d’arte si può emettere un giudizio altamente variabile rispetto al tempo, alla modalità di osservazione e alla condizione psicologica di base dell’osservatore.
Queste variabili conducono facilmente allo scambio reciproco che, se attuato nel rispetto del parere altrui, realizzano nuove relazioni, aggiungendo altre varabili che possono modificare ulteriormente il giudizio.
Resta tuttavia l’oggettività artistica di un’opera che solo un critico d’arte, con la sua competenza e preparazione, può sottolineare, illuminando l’oscurità dell’inconsapevolezza.
L’arte in generale, ed in particolare quella pittorica, resta comunque un intenso nutrimento per la mente perché la esercita ad un’auto riflessione. Primo passo verso il traguardo della salute mentale.
#BrunoMatacchieri