Criticata, discussa, amata, Saffo fu senz’altro protagonista di una società tutta al maschile
Mai come oggi risulta attuale l’esempio di una #donna che ha sfidato il suo tempo, le convenzioni, divenendo #mito, leggenda, simbolo. Saffo, la poetessa dell’amore, la donna attiva sul piano pollitico in una società, quale quella della Lesbo del VII/VI sec. a.C., che relegava la donna a custode dell’òikos ( casa).
Aristocratica, dotata di estrema cultura e raffinatezza, seppe ‘fare rumore’, riscattando la propria identità e acquisendo una fama che, ancora oggi, domina la scena. Saffo, definita la decima musa, fu infatti, nei secoli successivi, la fonte ispiratrice di tanti poeti.
La vita
Le notizie che abbiamo sulla sua vita, desunte dalla Suda e dall’antologia Stobeo, sono frammentarie e spesso contraddittorie, ma indubbiamente accrescono il fascino di questa straordinaria rappresentante del sesso femminile. Secondo quanto riportato dal Marmor Parium, sarebbe nata a Ereso, cittadina dell’isola di Lesbo, nell’Egeo nord orientale, tra la fine del VII sec. e il VI secolo a. C.
La notizia sembra essere suffragata da numerose fonti, nonché dai riferimenti di autori latini successivi quali Cicerone ed Ovidio. Ma altre fonti collocano la sua nascita nella città di Mitilene, il centro più importante dell’isola.
Unico dato certo é la sua appartenenza a una famiglia nobile e impegnata sul piano politico nelle tormentate vicende della Lesbo di quell’epoca. Ma sembra che Saffo stessa si sia esposta in prima persona, affermando le sue idee. Un’enormità per quella società dominata dal patriarcato che vedeva nella donna un essere destinato alla procreazione e che, anche all’interno delle mura domestiche, era relegata nel Gineceo. E per la quale persino l’alfabetizzazione era una meta irraggiungibile
La condizione della donna a Lesbo
Certo la poetessa dell’amore fu favorita dalla condizione femminile nella sua isola che consentiva alle rampolle di buona famiglia un discreto livello d’istruzione. E, in virtù di questo, fondò un tìasos, dedicato alla dea Afrodite. Una sorta di scuola che doveva formare le future spose, ovviamente in funzione del futuro sposo.
Venivano educate quindi alla grazia, alla raffinatezza nei modi, alla danza, al canto. Tutto in funzione del #maschio, punto fermo di una società che non ammetteva la partecipazione del bel sesso neppure ai banchetti.
Saffo, la rivoluzionaria
Ma la nostra eroina, spesso mossa da passione travolgente nei confronti di alcune sue allieve, visse il suo ruolo in maniera decisamente innovativa. Una sorta di malattia d’amore che Saffo immortalò in uno dei suoi frammenti più famosi: il frammento della gelosia.
Qui la poetessa non parla di sentimenti, ma dei sintomi della gelosia. Una forza irrefrenabile, che obnubila la mente, toglie il fiato, fino a sentirsi prossimi alla morte.
L’amore, quindi, viene vissuto in maniera malata, così vicino alle casistiche dei nostri tempi. Quasi una sublimazione di un potere che sfugge dalle mani. Una smania di possesso che acceca la razionalità.
Com’era Saffo
Criticata dunque per la sua omosessualità, anche se era consueto nell’elite aristocratica una sana educazione omosessuale ( makarismòs di Solone), il cigno di Lesbo fu denigrato anche nella sua fisicità.
Alcuni ce la descrivono brutta, bassa di statura e bruna. Altri parlano di lei come di una donna di estrema bellezza, al punto da far innamorare perdutamente di sé il poeta Alceo, suo contemporaneo.
Ma i suoi versi ci parlano di una donna protagonista della sua vita, della storia, del tempo, fino ad essere mito, leggenda.
Una donna che, a tutt’oggi, può essere un simbolo.
#IrmaSaracino