Don Giovanni

Tra le opere più rappresentate a livello internazionale, il Don Giovanni di Mozart affascina le platee di tutto il mondo per la geniale coniugazione della vicenda con la musica.

Il Don Giovanni deve la sua fama anche al suo librettista, Lorenzo Da Ponte, che è riuscito a creare un dramma giocoso nel quale il comico si incrocia di continuo con il drammatico.

Il termine “dramma giocoso”, apparentemente un ossimoro, in realtà ben definisce la struttura dell’opera, dove il buffo e il drammatico, la parola e la musica, il realismo e l’invenzione si intrecciano armonicamente.

Le fonti letterarie sono molteplici, il personaggio “Don Giovanni” compare già in racconti popolari del XVI secolo. Ma fu lo spagnolo Tirso de Molina che, nel 1630, rese il personaggio popolare con il suo “Burlador de Sevilla”. Si susseguirono molte altre opere teatrali sull’argomento, fino ad arrivare alla Commedia dell’Arte Italiana che lo incluse nel suo repertorio.

Il Don Giovanni di Moliere

A queste fonti italiane attinse Moliere per la sua commedia “Dom Juan”, dove la personalità del protagonista è tratteggiata con estrema maestria. Da Ponte prese il meglio da ciascuna fonte, eliminò alcuni personaggi e ne inserì altri di diversificato ceto sociale, nobili, servitori, contadini.

Realizzò una vicenda dal clima tra il fosco e il comico. Servì quindi a Mozart, su un piatto d’argento, un testo sul quale il grande maestro poté comporre una musica ora gioiosa, ora cupamente tenebrosa che esprimeva al meglio i tanti stati d’animo diversissimi tra loro.

Mozart e il suo seduttore

Lo strepitoso successo dell’opera in tutta Europa dette un cospicuo contributo al diffondersi del mito di Don Giovanni, famoso fino a diventare proverbiale. L’opera superò ogni censura dell’epoca ed ogni critica e dissenso, avanzati da benpensanti e da altri musicisti.

Beethoven considerò disgustoso un argomento del genere in teatro. Ma Don Giovanni conquistò grande popolarità, diventò così l’incarnazione del seduttore irrefrenabile, nobile, dissoluto e amante delle donne, un libertino senza scrupoli, indifferente al dolore altrui, capace di trasgredire ogni regola morale e religiosa.

Il personaggio

Ama la trasgressione, non ha paura della morte, ma anzi irride l’aldilà e lo stesso Dio. Un personaggio vano, frivolo, scandaloso. Si presenta con tutto lo splendore del suo ricco apparire, ma, nello stesso tempo, coerente, sino in fondo, al proprio stile di vita, tanto da non temere nemmeno di misurarsi con uno spirito vendicativo, proveniente dall’oltretomba, che lo trascinerà all’inferno.

Potremmo definire Don Giovanni una personalità narcisistica pervaso di grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza di empatia. Una tendenza a sovrastimare le proprie capacità, divenendo vanaglorioso e presuntuoso, ma anche sorpreso quando non giungono le lodi che si aspetta e che sente di meritare.

Una personalità fragile

È amore narcisistico per la propria immagine mentale. La sua sete di ammirazione e consensi diventa insaziabile, rivelando una mal celata fragilità ed insicurezza di base.

Questo fittizio senso grandioso di autostima lo porta ad agire, in maniera maniacale, verso un comportamento sessuale che, come una droga, lo rende dipendente. Cade nell’abuso del bisogno di godere. L’amore del presente, dell’attimo, prevale sul vuoto pauroso del futuro.

Non consuma il sesso per amore, ma per reiterazione del consumo, è il simbolo perverso non solo del libertinaggio, ma anche dell’empietà e dell’ateismo. Diventa metafora anticristiana, il demoniaco che trionfa sulla morale.

Lo psicanalista Massimo Recalcati dice che “il desiderio di Don Giovanni riflette il fantasma inconscio (o conscio) del desiderio maschile di godere del proprio fascino irresistibile, trasformare la donna in conquista, allungare infinitamente la lista delle proprie imprese seduttive”.

I grandi seduttori di oggi

In ogni uomo può nascondersi un “Don Giovanni”. Ed ecco che il dissoluto mozartiano diventa “l’uomo vincente” nell’immaginario collettivo di una società maschilista. Ma, secondo una visione illuministica, Don Giovanni è invece il difensore della libertà di coscienza e del libero arbitrio che vive una vita autonoma.

Cade così l’intento moralizzante voluto da Tirso de Molina e da tutti gli altri scrittori che si sono cimentati su questo argomento. Il dissoluto mozartiano non è solo, Da Ponte lo ha circondato di mille ostacoli che lo mettono decisamente in difficoltà.

Gli ostacoli sono gli altri personaggi che, attratti da lui, gli sono attorno e lo giudicano, ma senza riuscire a cambiarlo. Il suo servitore, Leporello, ne è la sua copia, collaboratore utile ed indispensabile. Un personaggio molto più sensato e agile di mente di quanto lo vorrebbe il suo padrone, ma anche un suo ammiratore che gli invidia il suo ruolo di nobile, ricco, potente e soprattutto di seduttore.

Le #donne, Donna Anna e Donna Elvira, sodotte e tristi, inseguono Don Giovanni per tutta la vicenda, col pretesto di vendicarsi, ma in realtà con la reale speranza di riconquistarlo, spinte da un ostinato “amore” e dal desiderio inconscio di perpetrare il loro ruolo di vittime.

Gli altri

Tutti i personaggi, sia uomini che donne, pur odiandolo non fanno che pensare a lui, parlare di lui, agire per lui. All’ultima prova, quella decisiva per la salvezza della sua anima, Don Giovanni rifiuta di pentirsi e, almeno moralmente, vince la battaglia con l’ignoto.

Il Convitato di Pietra ricompare tra i vivi, sotto forma di statua, per compiere la sua vendetta e lo sprofonda negli inferi. Il tema del defunto oltraggiato che ritorna a far giustizia di sé, collegato al culto delle anime del purgatorio, si fonde con la leggenda del grande seduttore.

Don Giovanni sarà dannato, ma la sua memoria, l’eco delle sue imprese, resterà intatta, senza ombra di vigliaccheria. Gli altri personaggi, senza di lui, si aggireranno, ormai smarriti, tra gli avanzi di una cena che raffredda, mentre le note di Mozart risuonano ormai nei nostri cuori.

#BrunoMatacchieri

Di Bruno Matacchieri

medico psichiatra, scrittore, esperto di opera lirica