La cultura napoletana, tra arte, fede, vita, morte
A Napoli il mondo intero é lì, tra i suoi palazzi intrisi di storia, i suoi vicoli che parlano del popolo, la sua arte ineguagliabile, ed anche tra le voci di una quotidianità spesso costretta a inventarsi la vita. Ma anche la morte a Napoli può essere un mezzo per vivere al meglio. Come? Ma naturalmente invocando grazie e intercessioni particolari da parte di coloro che hanno già varcato l’ultima soglia: le anime del Purgatorio.
E, nel cammino attraverso le luci e le ombre di questa straordinaria città, emergono nuovi aspetti, nuovi squarci di un modus vivendi spesso ancorato a remoti usi e leggende. Squarci che mettono in luce anche il fideismo popolare. Un fideismo in cui non vi é una linea di demarcazione tra superstizione e religiosità.
La Chiesa delle Anime Pezzentelle
Nel cuore pulsante di questa straordinaria città, in via dei Tribunali, si trova la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco. Un vero gioiello dell’archiettura secentesca, nota al popolo partenopeo col colorito nome di “chiesa ‘de ‘e cape ‘e morte”. O anche chiesa delle anime pezzentelle. Un luogo di culto oggi animato anche da visite guidate che schiudono agli occhi dei visitatori il mondo del popolo partenopeo in cui fede e superstizione coesistono in perfetta simbiosi.
Un vero e proprio complesso museale che ingloba la parte superiore, ovvero la chiesa, adibita ad uso terreno, e quella inferiore, un ipogeo debitamente ammantato di carattere ultraterreno, dove giacciono, nel loro sonno perpetuo, i teschi di anime abbandonate dimenticate, che vengono adottati dal popolo.
La storia
Era il 1600, un secolo dominato ancora dalle ferre leggi della controriforma. Leggi che manipolavano soprattutto il vivere del popolo attraverso una serie di usanze che avevano ben poco del vero spirito religioso.
Tra esse ebbe presto larga diffusione quella di aver cura delle anime dei defunti, al fine di stabilire, attraverso preghiere e suffragi di ogni tipo, un legame tra vivi e morti.
In realtà fu uno dei tanti stratagemmi per raccogliere dai vivi, quasi sempre in odore di peccato, donazioni ed elargizioni salvifiche per sè, ma anche per quelle anime a cui avrebbero così garantito l’ascesa in Paradiso.
Ma lo spirito partenopeo colorò di maggiore intensità emotiva questa cura, dedicandosi soprattutto alle anime dimenticate.
E, da allora, in linea con questa remota consuetudine, il popolo napoletano fa sentire la propria voce, ovviamente con preghiere e non già con i mezzi terreni.
#IrmaSaracino