Tienanmen

Il massacro di piazza Tienanmen, costato la vita a migliaia di studenti cinesi rivive oggi nel nostro ricordo

Nella notte tra il 3 e il 4 giugno del 1989, i carri armati cinesi e le forze di polizia del regime spararono sulle migliaia di studenti inermi, asseragliati da mesi nella piazza principale di Pechino. Chiedevano libertà, giustizia, democrazia. Da quel momento piazza Tienanmen divenne simbolo della lotta per la libertà.

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In migliaia per la libertà

La cruda realtà dei totalitarismi

Che il totalitarismo, di destra o di sinistra che sia, rechi già in sé il germe del fallimento é ovvio. Ce lo dice la storia.

Ce lo dice il suo essere intrinseco, perché si traduce sempre in un regime che nega i diritti primari dell’uomo.

Nega il diritto a quella libertà che si esprime nelle sue molteplici forme . Di aggregazione, di stampa, di parola.

E la violenza, la repressione( talvolta esprimentesi subdolamente nelle querele) spesso hanno un epilogo tragico.

Se il nazifascismo ha scritto col sangue pagine terribili di storia, non é stato da meno il comunismo, perché in fondo la piattaforma del potere monolitico di un regime non ha colore, né ideologia politica, ma si basa essenzialmente sul consolidamento del dominio sulle masse. Quasi sempre manipolate da propagande ammantate di quei valori inneggianti alla democrazia ed alla libertà che non trovano riscontro nel reale.

Era il 1989

Libertà era il grido che risuonava il quel 1989 dinanzi al muro di Berlino. Libertà era il grido che, già dal 15 aprile di quel tragico anno, echeggiava a Pechino.

Una protesta nata a seguito della morte dell’ex segretario generale del PCC, il riformista Hu Yaobang, licenziato nel 1987 per ‘gravi errori politici’ da Deng Xiaoping. Un evento che aveva scosso profondamente il Paese e che aveva causato ovunque manifestazioni.

E fu in quel 15 aprile di due anni dopo che la protesta riprese. La Cina, tutta, chiedeva riforme in senso democratico. Ma i problemi erano tanti. La corruzione e il nepotismo dilagavano e i salari erano minimi.

Problemi, questi, che non lasciarono insensibili neppure alcuni membri del governo, tra i quali il segretario Zhao Ziyang, succeduto a Hu. Anch’egli riformista e perseguitato dal regime di Deng.

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Zhao ZiYang

Ai primi di maggio la protesta si estese anche alle scuole e gli universitari scesero in piazza, col fervore dei loro 20 anni.

Lo sciopero della fame

In migliaia manifestarono contro il regime, in migliaia iniziarono il 13 maggio uno sciopero della fame ad oltranza che segnò l’inizio della fase più tragica della protesta.

Malgrado la visita di Gorbacev, del 16 maggio, malgrado il disperato tentativo di mediazione di Zhao, il 19 maggio venne proclamata la legge marziale.

Zhao venne destituito e condannato agli arresti domiciliari, mentre i carri armati cominciarono la loro tragica marcia verso piazza Tienanmen. Poi, nella notte tra il 3 e il 4 di giugno, si cominciò a sparare sugli studenti inermi.

Fu un massacro. Ancora oggi non si conosce l’esatto numero della vittime. Furono 400? Furono 2.500? Non si sa. Ma sembra che siano state almeno 10.000.

Ancora oggi Pechino non commemora questo evento. Ancora oggi il mondo grida:” Libertà!”

#IrmaSaracino