Personalità complessa, Giacomo Puccini ha fatto del suo disagio psichico arte immortale
Personalità complessa e ambivalente, Giacomo Puccini era consapevole del suo malessere interiore, come si può desumere dalle numerose lettere, da lui scritte a familiari e amici, che ci sono pervenute.
Le cause
La mancanza della figura paterna dall’età di cinque anni lo ha portato probabilmente ad una dipendenza dalla figura materna che gli ha impedito un normale processo di maturazione e autonomia.
Con il decorrere degli anni infatti Giacomo strutturò una personalità, da un lato, modesta, gentile e affettuosa, ma al contempo introversa, insicura e sospettosa a tal punto da non accettare le critiche ed esigere attenzioni e sottomissioni. E i suoi scompensi affettivi si trasformarono presto in vera patologia con sintomi ipocondriaci e con ossessioni e preoccupazioni di ammalarsi o di morire.
Puccini e le donne
La dipendenza dalla madre si trasformò presto in dipendenza da altre figure femminili, le sorelle, prima, e la moglie Elvira, poi. Il suo disagio interiore divenne presto un bisogno di approfondire l’animo umano, di scoprirne i segreti.
La vita interiore dell’artista fu da lui canalizzata verso i personaggi, soprattutto femminili, che originavano dalla sua fantasia. Proiettava infatti nelle sue protagoniste quelle parti di sé che non riusciva ad accettare come proprie. E, da questo forte legame tra vissuto interiore e personalità delle sue eroine melodrammatiche, scaturì il suo fascino e il suo successo artistico.
Le sue intense frequentazioni femminili, che ad una prima osservazione superficiale potrebbero farlo considerare un comune latin lover alla Casanova, in realtà altro non erano che il suo bisogno di conoscere bene l’animo femminile.
Rispettava le sue donne, non le usava come facile oggetto di conquista, ma le amava e soprattutto amava l’amore che loro potevano dargli.
Le eroine delle opere pucciniane
Ha tratteggiato le sue eroine con sentimenti forti, passioni intense, amori contrastati. Tosca, Mimì, Manon, Liù, Suor Angelica, Madame Butterfly, tutte vivono questi sentimenti e combattono una società convenzionale senza però mai vincere, senza mai raggiungere la felicità.
Sottoposte a tragici destini, le sue donne rappresentano l’espressione indiretta del disagio e della sofferenza dell’artista, tradotto come legame tra amore e morte.
La statura eroica le pone al di sopra di ogni figura maschile. Gli uomini infatti sono relegati ad un ruolo, quando va bene, catalizzatore dell’amore (i tenori) o al peggio ad un ruolo persecutorio (i baritoni). Sembra quasi che le donne abbiano una fine tragica per espiare una colpa.
Ma quale colpa, di amare? Di perseguire la felicità? O forse solo di essere donne agli occhi di un uomo, l’artista, che è stato condizionato per tutta la vita da influenze femminili.
Turandot
Diverso è invece il destino di Turandot, la bella e gelida principessa cinese che cede all’amore e corona la sua realizzazione e la sua felicità. Ma è anche vero che Turandot è l’ultima opera composta dal maestro.
Alcuni studiosi rilevano che l’opera, rimasta incompleta per circa un anno, non fosse stata terminata dal grande maestro non tanto per l’insorgenza della malattia che lo portò a morte, quanto per la mancanza di ispirazione nel rendere in musica questa delicata quanto fondamentale trasformazione.
La personalità di Turandot è completamente diversa dalle sue precedenti eroine, non è dedita al sacrificio, non si uccide, non muore ma si trasforma da algida e quasi frigida bellezza regale in donna passionale e innamorata che riscopre un sentimento assopito sotto la cenere del suo orgoglio.
L’analisi di Freud
“l’artista creatore è il solo uomo che possa fare della propria nevrosi un uso positivo sublimandola in opera d’arte. – affermava Freud – Se è vero che chi è dotato di capacità creative può dar voce al proprio disagio oggettivandolo e prendendone le distanze necessarie a una successiva elaborazione, le variabili, che intervengono nella definizione delle modalità con cui un artista, più o meno consapevolmente, rappresenta sé stesso e la propria storia personale nelle creazioni del suo genio, sono numerose”.
Bruno Matacchieri