Con un Regio decreto, nell’Italia fascista, il 27 novembre 1925 fu adottato ufficialmente il saluto romano, anche nelle amministrazioni pubbliche
Iniziava una nuova epoca per l’talia, già travolta da un’ondata di violenze e radicali mutamenti, come dimenticare infatti il delitto Matteotti del 1924. Iniziava un percorso che, nelle deliranti ambizioni di Benito Mussolini, avrebbe dovuto ripristinare la grandezza dell’impero romano per il nostro Paese. Tutto doveva essere volto a questo traguardo e la vita dei cittadini, fin dalla più tenera età veniva manipolata. Ovunque, nelle scuole, nello sport, ma anche nei rapporti sociali. E, a suffragio di questa affermazione, anche il saluto doveva essere espressione di questo radicale mutamento, che avrebbe dovuto ripristinare i fasti e la grandezza di Roma. Fu proprio il 27 novembre del 1925 che il saluto romano divenne un obbligo.
La salutatio
Che i deliri di onnipotenza, mascherati da pseudo ideli patriottici, siano l’amara realtà anche di questo nostro tempo é ben noto. E che la Storia spesso venga riscritta sulla base di fraintendimenti o di interpretazioni arbitrarie, anche questo é un dato oggettivo, ma una delle bufale più eclatanti é proprio quella relativa a un saluto che certamente romano non fu.
Mi dispiace, alla luce di queste premesse, deludere i nostalgici di un regime del passato italiano che spesso ricorrono a questo saluto, quasi vivendolo come simbolo di onestà e amor patrio, ma la storia esige verità e, secondo la lectio tucididea, anche raccolta di documenti.
Tra i romani era diffuso il semplice “salve”o ‘ave’ che poteva anche non essere accompagnato dalla stretta di mano. Inoltre anche la salutatio dei legionari era affine all’odierno saluto militare. Non vi sono infatti testimonianze artistiche dell’epoca, né tanto meno letterarie che attestino la consuetudine della mano destra levata nella salutatio.
L’origine di questo errore
All’origine di questo errore vi sarebbe un famoso dipinto del 1784, Il giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David, esposto al Louvre. In esso si enfatizza la solennità del momento con il braccio teso dei tre fratelli, gli Orazi, dinanzi al padre.
Ma forse pochi sanno o ricordano che ogni forma di giuramento, a Roma ed anche nei nostri tribunali di tempi migliori, questo tipo di gestualità accompagnava le parole che si pronunciavano in tale momento.
Certo l’errore é stato anche incrementato da un certo tipo di cinematografia, spesso poco attenta e puntuale nella ricostruzione storica, ma nel ventennio fascista il cinema era ancora in fieri.
Errore o manipolazione?
In realtà il primo a fare ricorso a questa forma di saluto fu proprio quel Gabriele D’Annunzio tanto esaltato in quegli anni in cui si profilava all’orizzonte l’immagine del macho-eroe, storicamente dannoso o improdutttivo, ma utile per la propaganda. E Mussolini, sulla scia di questo mito, impose, come era per lui usuale, quel saluto che divenne a posteriori d’obbligo anche per il regime nazista.
Irma Saracino