A 461 anni di istanza ancora commuove la tragica morte di Laura Lanza, Baronessa di Carini, uccisa dallo stesso padre
Oggi, 4 dicembre, ricorre l’anniversario di un deliito dettato dalle dure leggi dell’onore. Un delitto perpetrato da un padre, uomo di potere e in vista nella scietà siciliana del ‘500. Oggi, come allora, una morte tragica pose termine alla vita di una donna desiderosa di amare ed essere amata, vittima delle consuetudini dell’epoca e ispiratrice di una narrazione che continua ad essere leggenda.
La storia
Era il ‘500, con le sue tradizioni e le sue contraddizioni, le sue consuetudini, legate anche all’humus socio-culturale del profondo Sud.
Era l’epoca delle profonde disuguaglianza socali, che garantivano una manovalanza agricola a basso costo ai signori del luogo, specie in un territorio quale quello siciliano.
Ma anche per i nobili il prezzo da pagare, per mantenere integro il proprio patrimonio, era molto alto e, a farne le spese, quasi sempre erano le figlie femmine, costrette, anche in giovane età, a matrimoni combinati e ovviamente vantaggiosi.
Il matrimonio
E fu proprio in ossequio a questa rigida consuetudine che la nostra Laura, appena 14enne fu costretta dal padre, don Cesare Lanza barone di Trabia e pretore di Palermo, ad andare in sposa al 16enne Vincenzo La Grua Talamanca barone di Carini. Un matrimonio nel quale mancò l’elemento essenziale di ogni unione: l’amore.
Nacquero comunque ben 6 figli, ma é dubbia la loro paternità, come vedremo in seguito. Nella monotonia di una vita subordinata a un menage familiare impostole, la bella Laura trascorreva i suoi giorni, fino a quando l’amore, la passione bussarono alla sua porta.
L’incontro con il cugino del marito, Ludovico Vernagallo, le diede la vita, ma anche la morte. Divennero amanti e custodirono questo loro amore segreto, condannato dalle leggi dell’epoca, per circa 14 anni fino al tragico epilogo.
La morte
In quel 4 dicembre del 1563, il padre, su segnalazione del genero, li sorprese in atteggiamenti intimi. Fu la fine. Don Cesare, nel rispetto delle leggi sull’onore, condannò entrambi a una tragica morte e, di suo pugno, li uccise.
In un primo momento si cercò di tenere celato il misfatto per evitare pettegolezzi che avrebbero infangato il casato, poi la verità venne a galla e la sfortunata Laura passò alla leggenda con il nome di Baronessa di Carini.
La sua triste storia amcora oggi viene narrata dai cantastorie siciliani e questo femminicidio di 4 secoli fa ancora commuove e fa rabbrividire per la sua cruenza.
Sembra infatti che l’infelice Laura, colpita da una prima pugnalata, si sia appoggiata con la mano insanguinata alla parete della stanza in cui avvenne il delitto. E, a detta di molti l’impronta della sua mano sarebbe stata visibile fino a qualche anno fa.
Il fantasma
Una morte violenta che ha lasciato comunque un’impronta indelebile nell’immaginario collettivo, tanto che sono molti coloro che giurano di averne scorto il fantasma all’interno del castello.
Una storia comune a quei tempi, ma che amche oggi ha una sua attualità. La morte tragica di una donna che si é opposta alla volontà di un maschio padrone della sua vita e del suo corpo
Irma Saracino