Tra i riti della Settimana Santa del nostro Sud emerge un aspetto decisamente poco devozionale che sfocia nel fanatismo
Nel panorama dei riti che accompagnano la Settimana Santa, specie nel Sud Italia, sono rilevanti aspetti che evocano le processioni penitenziali del Medioevo.
Processioni caratterizzate, in alcuni casi, da un intento penitenziale decisamente masochistico, come in alcune città campane, calabresi e siciliane, dove ancora si pratica l’autoflagellazione.
L’origine dei Flagellanti
Era il 1260 quando un frate, Raniero Fasani, cominciò a fustigarsi nel corso di una processione, probabilmente inserita nella ritualistica della Settimana Santa della mistica Perugia dell’epoca.

Un fanatismo masochistico che coinvolse anche i presenti in un crescendo di barbarie. Ma la cosa piacque al vescovo che stabilì una penitenza generale di ben due mesi. Un vero incoraggiamento per i fanatici che, da quel momento, assunsero la denominazione di flagellanti.
L’eco di questa espressione di penitenza, ovviamente con scopo salvifico per l’umanità, si propagò entro breve termine, determinando l’entusiasmo delle alte cariche ecclesiastiche di Roma . Fu così che venne stabilita una penitenza collettiva di 33 giorni.
Una decisione in linea con le manipolazioni religiose dell’epoca, volte essenzialmente ad instillare nelle masse quel senso del peccato che le avrebbe indotte ad una totale subordinazione agli uomini di Dio.
Una strategia vincente per l’acquisizione ed il consolidamento di un potere politico inossidabile da parte del clero.
Solo l’intervento di Papa Clemente VI, nel XXIV secolo, pose fine, almeno in apparenza, a queste cruente manifestazioni.
I flagellanti di oggi
Ma, a quanto sembra, questo delirio di espiazione permane ai nostri giorni in diverse località del nostro Sud. Pervaso da un’onda di misticismo specie durante la Settimana Santa.

Dalla Campania alla Sicilia ed anche in Calabria, si emulano le gesta dei loro precursori con una flagellazione, a dir poco, cruenta, utilizzando strumenti vari, ma tutti egualmente pericolosi.
Tra essi emerge il cardo, adoperato dai Vattienti di Nocera Terinese, nel catanzarese. Un paesino di 4.000 anime che partecipa con grande devozione a questa barbarie.
Il cardo, infatti, è un disco di sughero con 13 vetri, infissi su un disco di cera e con esso, la sera del Sabato Santo, ad un ritmo forsennato, quasi delirante, i flagellanti si percuotono sulle gambe nude.
Ciò che maggiormente sconvolge è la grande partecipazione, sia dei familiari, che dei compaesani a questo evento che, stranamente, continua a ripetersi dal XVII secolo. Ma sconvolge ancor più il silenzio delle Istituzioni , sia amministrative che ecclesiastiche.
Considerazioni
Che il fideismo popolare spesso sfoci in manifestazioni devozionali, incentrate sulla penitenza corporea, indubbiamente retaggio del clima manipolatorio medievale, è ben noto. Ma la Chiesa dovrebbe vietare questi aspetti ed anche le aste di statue all’interno di Parrocchie, che non hanno nulla a che vedere con la rievocazione storica della passione di un uomo che ha scritto la Storia.
Purtroppo, però, il folklore continua a prevalere sulla vera devozione, che è preghiera. E si continua, specie durante la Settimana Santa, con una teatralità di indiscutibile richiamo turistico, ma che non ha nulla a che vedere con il messaggio di quell’uomo morto sulla croce.
Irma Saracino